domenica 20 maggio 2012

little big planet 2

LittleBigPlanet 2, così come il suo predecessore,è un capolavoro, un titolo completamente fuori da schemi, difficilmente spiegabile nella sua interezza ma ci proveremo…. Partiamo dagli autori: I Media Molecule sono quasi dei neofiti come team di sviluppo (l’unico lavoro precedente è Rag Doll Kung fu ed il primo LBP ovviamente) ma molti di loro provengono dall’esperienza in Lionhead e Criterion (Black & White, Fable, Burnout, Dungeon Keeper) e sicuramente il loro primo lavoro su Playstation 3 ha lasciato il segno… L’esperienza di LittleBigPlanet inizia quando i giocatori scoprono l’abilità di Sackboy (il nostro particolarissimo alter ego virtuale) di interagire fisicamente con l’ambiente. Ci sono ostacoli da superare, oggetti da raccogliere e rompicapo che richiedono intelligenza e lavoro di squadra. Più i giocatori esplorano, e più cresce la loro abilità, tanto che presto saranno in grado di iniziare a creare e modificare l’ambiente che li circonda. Sackboy ha il potere di spostare qualsiasi cosa sia incollata o bloccata in questo mondo; disegnare, dare forma e creare oggetti o interi ambienti dove altri potranno giocare.
Volendo ridurre al minimo potremmo dire che LitteBigPlanet 2 è un puzzleplatform con un editor pazzesco di livelli e di oggetti. Ma tale semplificazione non rende giustizia ad un’opera elegante, raffinata e di classe come questa. In ogni animazione, in ogni oggetto, nelle infinite possibilità date ai giocatori che potranno essere vissute in esperienze condivise con altri giocatori o da soli, la conclusione sarà la stessa: LittleBigPlanet 2 è un prodotto raffinato fuori dal comune, un gioiello di stile e classe difficilmente riscontrabile nella stragrandissima maggioranza della produzione mediatica contemporanea.
LittleBigPlanet 2 Playstation 3 Recensione
Non si tratta quindi di un prodotto spaccamascella per il calcolo computazionale o per far andare in ebollizione la scheda grafica, ma LitteBigPlanet 2 anche visivamente è assolutamente fuori norma per come è stato progettato, animato e realizzato. Veramente un piccolo grande pianeta che ci avvolge non appena inizieremo a muovere il nostro Sackboy. Tale eleganza, tale classe, tale stile per fortuna è riscontrabile anche nella componente sonora sia per le musiche di accompagnamento che per la voce “tutorial” in italiano.
Sackboy torna quindi con una nuova missione: combattere contro il temibile Negativitron, un aspirapolvere gigante che vuole rubare agli abitanti del pianeta, il Mondo del Fai da te, la loro creatività, condannandoli a una vita senza fantasia. Per questo nuovo capitolo le caratteristiche del famoso pupazzetto saranno ancora più personalizzate, dando agli utenti la possibilità di creare infiniti e variegati livelli per consentire ancora una volta alla personalità e alle idee di sopravvivere e di fare la differenza. E questa volta ad aiutare il protagonista arriva Popit, la borsa dei trucchi di Sackboy, che permette di inventare aggeggi mobili, creare fauna e flora, azionare macchine del fumo e persino programmare personaggi automatizzati.
LittleBigPlanet 2 Playstation 3 Recensione
Oltre alla possibilità di realizzare e condividere online l’intero universo di Sackboy, si potranno disegnare con la propria fantasia i livelli, creare interi giochi con il sottofondo musicale delle proprie hit preferite con l’editor incluso nel gioco, personalizzare il proprio eroe con i più svariati accessori, colori, vestiti e fotografie scattate con la telecamera PlayStation Eye e giocare con 10 mini-games esclusivi per il controller Move.
Salvare il Mondo del fai da te è solo il primo passo: oltre a combattere, gli utenti possono creare gare di cucina, video musicali o porgere omaggio alle scene più famose della storia del cinema, progettare una nuova tuta spaziale per Sackboy, una macchina antigravità oppure un pianoforte che suona da solo. Si può fare qualsiasi cosa: grazie ad adesivi, vernice, metallo, spugne, palloni, molle, motori, raggi di plasma, elettricità… E se non bastasse la propria immaginazione, si può esplorare la fantasia degli giocatori che, da tutto il mondo, hanno caricato le loro creazioni su PlayStation Network: sono già disponibili oltre quattro milioni di livelli creati nel primo e secondo capitolo!
LittleBigPlanet 2 Playstation 3 Recensione
IN CONCLUSIONE
LittleBigPlanet 2, esattamente come il suo predecessore, è un capolavoro, un titolo completamente fuori da schemi, difficilmente spiegabile nella sua interezza. Volendo ridurre al minimo potremmo dire che si tratta di un puzzleplatform con un editor pazzesco di livelli e di oggetti. Ma tale semplificazione non rende giustizia ad un’opera elegante, raffinata e di classe come LBP2 che amplia clamorosamente le possibilità di editing già presenti nel primo capitolo. Insomma, un vero capolavoro da non perdere a patto che abbiate una certa attitudine con una interazione videoludica decisamente fuori dagli schemi.
GLAMOUR 10
TECNICA 10
GAMEPLAY 10
LONGEVITA 10
TOTALE 10

domenica 13 maggio 2012

pes 2012


vota il gioco!
pes-2012Da diversi anni l’inizio della stagione calcistica sportiva italiana segna anche l’arrivo, per i videogiocatori, di un appuntamento fisso presso i propri negozianti. Durante la strada il pensiero resta fisso ad una sola domanda: Prendo PES o FIFA? PES era grande su PS2 anni fa, ma FIFA ora è meglio... e se Konami avesse fatto il salto di qualità facendo un PES migliore e ci resto fregato prendendo FIFA? Beh, noi possiamo esservi di aiuto con questa nostra recensione.


CANCELLIAMO IL PASSATO, PENSIAMO AL FUTURO

Dopo una lunga fase introduttiva in cui dovremo scegliere il nostro livello di abilità, costruire il nostro alter ego e selezionare diverse impostazioni legate ai comandi, alla difficoltà e all’intelligenza artificiale, PES 2012 si apre ai nostri occhi con un menu rivisto in modo logico ed elegante. Non sono moltissime le novità dal punto di vista delle modalità quest’anno, abbiamo come sempre le partite veloci, le coppe UEFA – Champions League e Europa League – la Libertadores ed altro. Dopo esser stata rimossa negli anni addietro poi, è tornata la modalità Allenamento che ci consentirà di affrontare sfide sempre diverse che ci insegneranno tutti i trucchetti possibili che l’opera di Konami ci permette di eseguire pad alla mano.


La grande novità dietro PES 2012 sta nella componente “Teammate Control” e in una rinnovata intelligenza artificiale. Ma andiamo con ordine parlando del Teammate Control. Dietro questa sigla si nasconde una caratteristica interessante, ossia la possibilità di controllare durante i calci d’angolo, le punizioni e le rimesse da fuori campo, un secondo giocatore attraverso lo stick analogico destro. Questo controllo sull’intera squadra ci consente di gestire durante queste fasi importanti praticamente ogni aspetto del posizionamento in campo del nostro team, dandoci così modo di creare alla perfezione gli schemi che vogliamo. Sfortunatamente per quanto intrigante sia questa aggiunta, tutto viene un po’ vanificato dal miglioramento dell’Intelligenza Artificiale messo in opera da Konami quest’anno. Fondamentalmente ciò che è cambiato è la mentalità dei difensori e degli attaccanti. Per quanto riguarda la difesa sono state accorciate le marcatura, il che significa che i giocatori della squadra avversaria sono ora più vicini ai nostri giocatori senza palla, cosa che, come accennato, in parte vanifica il Teammate Control dato che non è mai semplice smarcarsi, neanche alle difficoltà minori. Dal punto di vista dell’attacco invece la nuova Intelligenza Artificiale aggiunge la logica di squadra e le diagonali. Se in passato la CPU utilizzava principalmente la discesa sulla fascia per poi tentare il cross, ora invece i giocatori sono chiaramente consci di potersi muovere e “ragionando” sulle abilità del portatore di palla e su quelle dei compagni, il sistema deciderà se crossare, temporeggiare per far salire il resto della squadra, tentare il dribbling e giungere in porta o scoccare un tiro da fuori dopo un rapido cambio di direzione.


La nuova intelligenza artificiale e il Teammate Control sono entrambe idee sviluppate sulla logica del realismo, l’opera di Seabass infatti vuole abbandonare definitivamente gli errori fatti in passato per puntare nuovamente al bello del calcio. Sulla logica del realismo poi Konami ha ideato un sistema per l’arbitraggio che si ispiri alla realtà – no, niente tessere telefoniche Svizzere, tribunali, scudetti tolti e dati a chicchessia e via discorrendo. Arbitri e guardalinee non saranno più automi incapaci di fare un errore, ma come gli esseri umani, sbaglieranno assegnando una punizione piuttosto che un rigore, lasciando involare un calciatore in evidente fuorigioco sino in porta e calcolando male il colore del cartellino per i falli. In altre parole, oltre agli insulti che tiriamo alla domenica contro arbitri in carne ed ossa, prepariamoci con le mentine per la gola perché cominceremo a lanciare insulti anche verso arbitri fatti di texture e scheletri virtuali. Restando infine sul campo del “forse era meglio evitare”, è stata totalmente rivista l’Intelligenza Artificiale dei portieri. Se l’anno scorso gli ultimi difensori erano noti per non voler mai trattenere la palla – erano sempre più le deviazioni che altro – ora si nota che la palla invece non la vogliono proprio toccare. Non parliamo di una percentuale di papere normale, ma di una quantità talmente esagerata che le partite si chiudono con punteggi tennistici solo perché i nostri portieri si fanno infilare la palla da ogni parte. Konami ha tuttavia tenuto a precisare che renderà disponibile in brevissimo tempo, se non al day one, una patch correttiva per questo comportamento anomalo dei portieri.


Sempre immensa la longevità del titolo grazie alla possibilità di affrontare Coppe e Campionati di ogni tipo, senza dimenticare ovviamente il comparto online che rispetto agli anni scorsi si arricchisce di un sistema di feedback grazie ai quali i giocatori potranno segnalare avversari corretti e scorretti. Il matchmaking si baserà poi su questi giudizi andando ad accoppiare i giocatori a seconda del loro stato di feedback – dunque cheater con cheater e giocatori puliti con giocatori puliti. Si tratta senza ombra di dubbio di un sistema a doppia lama dato che non sempre il feedback rilasciato può essere realistico, ma qualcosa perlomeno si muove per tentare di eliminare quei giocatori che al primo gol subito escono dal gioco – attenzione inoltre perché un numero eccessivo di feedback negativi e disconnessioni porterà ad un ban del proprio account dal gioco online. Giocatori a parte, dal punto di vista delle modalità online PES 2012 si arricchisce della presenza delle squadre della Libertadores che potranno ora essere utilizzate per affrontare le classiche modalità da sempre presenti nell’opera di Konami.

C’E’ POCO DI NUOVO

Il team al lavoro su PES 2012 ha puntato tutti gli sforzi sotto l’aspetto del gameplay, mettendo un po’ di lato il comparto tecnico che è praticamente riciclato totalmente rispetto all’anno precedente – cosa in parte giustificata anche dai problemi accaduti in Giappone a causa dello Tsunami che ha obbligato i ragazzi di Konami di lavorare a singhiozzo per i continui problemi con la rete elettrica giapponese che ha subito gravi danni.


L’impatto grafico è più che soddisfacente, i menu sono gestiti in modo logico ed elegante e la fedeltà dei volti dei giocatori a volte rasenta la perfezione. Stessa cosa non si può dire per animazioni e movimenti che a differenza del suo maggior competitor, non vengono calcolati in tempo reale ma sono frutto di un reparto animazione che ha realizzato e inserito nel gioco ogni tipo e forma di movimento e la cosa si nota soprattutto quando si tentano più mosse l’una dietro l’altra. La nuova IA tuttavia ha migliorato il comportamento della squadra, anche se sono chiaramente visibili quei binari a cui sono legati i movimenti di tutti i giocatori in campo. Ogni giocatore si muove tuttavia in modo logico, seguendo sempre il portatore di palla o l’azione, ma senza mai dimostrare quella “libertà di pensiero e movimento” che abbiamo potuto notare nella nostra recensione di FIFA 12.


Sufficiente il comparto audio che presenta una discreta colonna sonora di sottofondo, mentre i suoni dello stadio risultano in breve tempo ripetitivi e senza personalità. Per quanto riguarda la telecronaca invece Marchegiani prende il posto di Altafini dopo che la coppia Pardo/Altafini si era già divisa nella realtà, ciò accade anche in gioco. L’aggiunta di Marchegiani al commento tecnico dona un po’ di novità ad un comparto che altrimenti sarebbe stato troppo identico a se stesso.

CONCLUSIONE

L’anno scorso in questi stessi giorni vi avevo parlato di un gioco che aveva smarrito la sua identità ma che stava facendo di tutto per recuperarla. Ad un anno di distanza si può dire che Seabass e compari sono riusciti a riportare Pro Evolution Soccer sui binari del passato lasciando del tutto brutta strada intrapresa negli scorsi anni.

PES 2012 non è ancora al livello del suo maggior competitor, ma le licenze dei trofei UEFA, la telecronaca tutta nuova che dona novità e freschezza ed un gameplay che, seppur con diversi problemi, sta riuscendo a slegarsi dalla macchinosità del passato, premiamo l’opera di Konami e ci fa ben sperare per il 2013... dopotutto manca solo un altro anno.

venerdì 11 maggio 2012

trucco pe fruit ninja

bè è un trocco molo semplice per farlo
per farlo basta mettere in pausa il gioco e sapete la freccia bianca dovete schiacciarla insieme a quello per speniere il galaxi o altri cellulari tach sreen dopo averlo fatto rigiocate la stessa partita e vi verra  il melograno ciaooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!


mercoledì 9 maggio 2012

Call of Duty: Modern Warfare 3

http://www.youtube.com/watch?v=coiTJbr9m04
  call of duty: modern warfer 3

Foundation
Call of Duty: Modern Warfare 3 - recensione - XBOX 360 Foundation è ambientata in un cementificio coreano e vede svolgersi i combattimenti principalmente all'aperto. La location si sviluppa attorno all'enorme struttura centrale di lavorazione del cemento, affiancata ai lati da silos ed altiforni e frontalmente dagli uffici amministrativi dell'azienda. Si forma così un'interessante intreccio di passaggi che, anche grazie agli innumerevoli ostacoli presenti (ora grossi automezzi adibiti al trasporto, ora bancali di sacchi di calcestruzzo) permette di organizzare meticolosi pattugliamenti. A movimentare la situazione la facoltà di salire (di soltanto "un livello") nella quasi totalità degli edifici presenti, ottenendo in tal modo una visuale sufficentemente ampia su una discreta porzione della mappa. Gli scontri risultano dunque ben bilanciati tra sventagliate a corto raggio e precise opere di cecchinaggio dalla distanza, e la mappa si presta bene alle modalità più tattiche come Dominio ed Uccisione Confermata.
Per quanto di dimensioni ragguardevoli, la presenza di rarissime occasioni di riparo all'interno degli edifici rende questa una mappa "ristretta" da un certo punto di vista. Affrontare le Ricompense Uccisioni avversarie, specialmente quando figurate da missili Predator, AC-130 o Elicotteri vari, sarà un'impresa quasi impossibile, che vedrà chiudersi molto velocemente le partite.
Se dobbiamo infine pensare all'offerta ludica, pur con un level design articolato ed esteticamente piacevole, Foundation non offre alternative nuove in senso stretto rispetto al pacchetto già presente, rinfrescando comunque la dotazione.   :D
Sanctuary
Call of Duty: Modern Warfare 3 - recensione - XBOX 360 Come suggerisce il nome stesso Sanctuary prende vita in un monastero, situato, per essere precisi, in Grecia. Si tratta di un'ambiantazione molto evocativa, soprattutto perché arroccata sull'apice di una catena montuosa. Non pochi sono gli scorci paesaggistici mozzafiato, con tanto di terrazzamenti da quali osservare lo spettacolo a valle ed un ponte elegantemente sospeso sul precipizio. L'urgenza dello scontro a fuoco impedirà in ogni caso l'ammirazione del panorama, scaraventandoci in una delle mappe più riuscite (almeno a nostro avviso) dell'intero pacchetto. L'abbazia, oramai dissacrata dal sangue e dalla polvere da sparo, funge da punto di riferimento per raggiungere ogni zona limitrofa - dall'immancabile cimitero a quelli che una volta fungevano da alloggi per i monaci. Il tutto, come da tradizione monastica, risulta cinto da pesanti mura, che controbuiscono allo sviluppo di una planimetria angusta e labirintica, ideale per lo scontro ravvicinato e le imboscate. Tra passaggi, corridoi e strettoie s'approda infatti in aree particolarmente protette (giardini di meditazione, lo steesso cimitero...) nelle quali è possibile -ahinoi- camperare con tremenda efficacia. Poco invece lo spazio concesso ai tiratori dalla lunga distanza, poiché, eccezzion fatta per un paio di spot particolarmente esposti, non vi sono funzionali punti d'osservazione.
Pur nella sua linearità la mappa ci mostra un level design veramente valido ed articolato, che una volta assimilato farà sicuramente la felicità di tutti gli amanti dello sparatutto Infinity Ward. La mappa, in realtà, ne ricorda altre dal design ad essa riconducibile; tuttavia, la sua vastità ed alcune peculiarità estetico-funzionali come la pesante occlusione di molti passaggi, la rendono unica.
Perfetta tanto per partite Dominio quanto per frenetici Deathmatch a Squadre, Sanctuary è già entrata nei nostri cuori come una delle cinque mappe più riuscite dell'intero pacchetto.
Il lavoro di Infinity Ward e Sledgehammer Games è ancora una volta buono e puntuale. Questa volta, sebbene soprattutto Sanctuary si distingua per design e bellezza stilistica, le aggiunte all’offerta ludica sono davvero minimali, ed in termini di gameplay non troviamo vere e proprie “variazioni sul tema”. Nell’ottica di una futura Collection questo è un aspetto da tenere in considerazione, consci comunque che l’offerta di Modern Warfare 3, mese dopo mese, stia divenendo (se non lo è già), in ambito multiplayer, la migliore di sempre.

resident evil opertaion raccone city

Il GiocoResident Evil: Operation Raccoon City è il nuovo prodotto di Capcom e Slant Six Games che va ad approfondire e arricchire la saga di Resident Evil tornando indietro nel 1998, al tempo degli eventi occorsi a Raccoon City, teatro della prima epidemia del G-Virus. La narrazione si svolge durante gli eventi di Resident Evil 2 e Resident Evil 3 e ne tocca i luoghi più celebri guardando l'azione da una prospettiva diversa. La missione della squadra di cui facciamo parte è quella di cancellare le prove del collegamento tra la Umbrella e l'infezione che ha sterminato la popolazione di Raccoon City. Durante la nostra avventura non mancano quindi incontri con facce note come Leon Kennedy, Claire Redfield, Nicholai o Ada Wong; entro certi limiti è anche possibile interferire con la loro storia, in particolare ci vengono date un paio di occasioni per mettere seriamente i bastoni tra le ruote a Leon e Claire. Anche il bestiario che incontriamo è quello che ci ha accompagnato nei primi capitoli della serie: oltre agli immancabili Zombie, abbiamo a che fare con Lickers e Hunters, fino ad arrivare a Nemesis (protagonista di un DLC apposito). La svolta più importante rispetto al passato è la trasformazione delle meccaniche in quelle di uno sparatutto in terza persona puro. Se già Resident Evil 4 e 5 rappresentavano significativi passi verso quel genere, con Resident Evil: Operation Raccoon City la metamorfosi è completa anche se comunque si tratta di uno spin-off e non di un titolo della serie principale. Il gioco è inoltre fortemente basato sulla componente co-op, ispirandosi di fatto a Left 4 Dead, tanto che non esiste una vera e propria modalità a giocatore singolo ma una “partita privata” con bot come compagni di team.





Resident Evil: Operation Raccoon City screenshot immagine


La campagna è affrontabile con una squadra di altri 3 amici/bot e ognuno può contare su una classe differente con proprie caratteristiche. Le classi disponibili sono in tutto 6, ciascuna rappresentata dal suo personaggio: Beltway (Demolizioni), Four Eyes (Scienziato), Bertha (Medico), Vector (Ricognizione), Spectre (Sorveglianza), Lupo (Assalto). Queste non sono personalizzabili nell'aspetto (se non dopo aver acquistato appositi DLC), e si sviluppano in maniera piuttosto libera, grazie all'impiego dei punti esperienza guadagnabili tanto offline che online. Il gameplay è caratterizzato principalmente da elementi vecchia scuola, come la salute che non si rigenera (è possibile curarsi tramite le care erbe verdi, o richiedendo l'aiuto del compagno medico), ma integra anche un intuitivo sistema di coperture "alla Gears of War”, con la differenza che per appoggiarsi ai muri basta premere la freccia direzionale verso la copertura prescelta. La campagna è disseminata di piccoli oggetti collezionabili che, portati in appositi terminali, vengono convertiti in punti esperienza e sbloccano gli artwork nel menu principale.



Resident Evil: Operation Raccoon City screenshot immagine













Le modalità di Resident Evil: Operation Raccoon City però non finiscono qui. In aggiunta alla già citata co-op a quattro giocatori, è presente una corposa sezione in multiplayer competitivo con alcune modalità interessanti. Oltre al classico deathmatch e a una sorta di cattura la bandiera, abbiamo una modalità chiamata Eroi in cui il giocatore impersonerà i più famosi personaggi della saga, impegnati contro le forze della Umbrella, e la modalità Sopravvissuti il cui obiettivo è quello di raggiungere un elicottero entro 7 minuti per evacuare la città. Sull'elicottero però non ci sarà spazio per tutti, perciò solo i più veloci potranno portare a termine la missione e salvarsi.• Il ritorno a Raccoon City - La cosa più bella di Resident Evil: Operation Raccoon City è sicuramente la scelta di tornare all'ambientazione di Raccoon City. Durante lo svolgimento dell'azione, il giocatore ritrova tutti i luoghi cari dei primi giochi, nemici compresi: dalla stazione di polizia al Municipio, dall'ospedale ai laboratori della Umbrella. Sebbene questo sia ufficialmente uno spin-off, a mio parere può rientrare a pieno titolo tra i veri Resident Evil, quelli che proseguono con il tema dell'infezione e lasciano gli alieni nel dimenticatoio dei cliché cinematografico/videoludici.

Resident Evil: Operation Raccoon City screenshot immagine



• La modalità co-op - Essendo un titolo principalmente incentrato sul multiplayer, la modalità co-op non può che essere un punto di forza di Resident Evil: Operation Raccoon City. L'unica nota stonata in questo aspetto è l'assenza di uno split-screen, che ci obbliga a puntare obbligatoriamente sull'online. Complessivamente comunque l'esperienza risulta divertente, con un'ottima differenziazione delle classi e degli stili di gioco

martedì 8 maggio 2012

fifa 12

Inviato il da Andrea Vanon
Ogni anno, alle porte del mese di Ottobre, nelle community online si scatenano le discussioni più accese. Il motivo è semplice: il mese che apre la stagione videoludica autunnale vede l’arrivo di due tra le produzioni più attese, criticate, osannate e controverse dell’intero panorama, almeno per quel che riguarda il nostro Paese. Non serve una laurea per capire che stiamo parlando di FIFA e PES, storici rivali nella contesa dell’ambito trofeo di “miglior simulazione calcistica” dell’anno. Il primo ad arrivare, quest’anno, è FIFA 12, tramite il quale EA Sports ha promesso di veicolare una vera e propria rivoluzione, di quelle che si sono viste solamente quando il brand è stato preso in mano per la prima volta da David Rutter e soci. “Trinità del gameplay” e molto altro ancora ci attendono dunque, in quella che è senza ombra di dubbio l’analisi più attesa di questo 2011.
Ricordiamo infine, prima di proseguire, che FIFA 12 farà il suo debutto sugli scaffali il 30 Settembre per Xbox 360, Playstation 3 e PC (con una versione per la prima volta identica alla controparte console). Per meno pazienti, tuttavia, EA quest’anno ha istituito il Season Ticket, un’abbonamento annuale (acquistabile tramite Marketplace/PSN) che consentirà di scaricare una versione digitale dei suoi prodotti sino a quattro giorni prima del day one, aggiungendo anche diversi benefici in termini di sconti sui DLC e contenuti aggiuntivi. Le versioni “di prova” richiederanno comunque il disco a partire dalla mezzanotte del previsto Day One. 



Inviato il da Andrea Vanon
Ogni anno, alle porte del mese di Ottobre, nelle community online si scatenano le discussioni più accese. Il motivo è semplice: il mese che apre la stagione videoludica autunnale vede l’arrivo di due tra le produzioni più attese, criticate, osannate e controverse dell’intero panorama, almeno per quel che riguarda il nostro Paese. Non serve una laurea per capire che stiamo parlando di FIFA e PES, storici rivali nella contesa dell’ambito trofeo di “miglior simulazione calcistica” dell’anno. Il primo ad arrivare, quest’anno, è FIFA 12, tramite il quale EA Sports ha promesso di veicolare una vera e propria rivoluzione, di quelle che si sono viste solamente quando il brand è stato preso in mano per la prima volta da David Rutter e soci. “Trinità del gameplay” e molto altro ancora ci attendono dunque, in quella che è senza ombra di dubbio l’analisi più attesa di questo 2011.
Ricordiamo infine, prima di proseguire, che FIFA 12 farà il suo debutto sugli scaffali il 30 Settembre per Xbox 360, Playstation 3 e PC (con una versione per la prima volta identica alla controparte console). Per meno pazienti, tuttavia, EA quest’anno ha istituito il Season Ticket, un’abbonamento annuale (acquistabile tramite Marketplace/PSN) che consentirà di scaricare una versione digitale dei suoi prodotti sino a quattro giorni prima del day one, aggiungendo anche diversi benefici in termini di sconti sui DLC e contenuti aggiuntivi. Le versioni “di prova” richiederanno comunque il disco a partire dalla mezzanotte del previsto Day One.
<a href='http://www.everyeye.it.cloud.seeweb.it/www/delivery/ck.php?n=a392af79&cb=INSERT_RANDOM_NUMBER_HERE' target='_blank'><img src='http://www.everyeye.it.cloud.seeweb.it/www/delivery/avw.php?zoneid=6&cb=INSERT_RANDOM_NUMBER_HERE&n=a392af79' border='0' alt='' /></a>
In the Game
Quest’anno, oltre al focus sul gameplay, gli sviluppatori hanno concentrato i loro sforzi per migliorare le modalità di gioco più importanti, aggiungendo feature davvero interessanti ed utili non soltanto ai fini della pura esperienza ludica ma anche ad incrementare il sempre più ricercato impatto sociale. La prima delle novità riguarda proprio questo aspetto: Football Club (a patto di rimanere collegati ad EA Sports Network) ci assegnerà un profilo in cui verranno stoccati tutti i nostri dati e tramite il quale, per ogni azione compiuta in FIFA 12, guadagneremo punti esperienza. Questi non andranno solamente ad incrementare il nostro livello giocatore ma ad aggiungersi anche a quelli forniti dagli altri utenti sparsi nel Mondo che sosterranno il nostro club preferito. Support Your Club -nome quantomai adatto per la feature- stilerà quindi una classifica dei club che giornalmente avranno guadagnato (tramite i loro supporter) più punti, facendo retrocedere o avanzare di una categoria (esattamente come avviene nella realtà) quelli che, alla fine di ogni settimana, si troveranno nelle ultime e nelle prime posizioni. Avendo ben presente quali sono -a livello mondiale- i club più titolati il team di sviluppo ha pensato di riequilibrare le cose tenendo conto non della quantità ma della qualità del punteggio, basandosi quindi sulla media punti prodotta tenendo presente la quantità di tifosi.
In ambito sociale, poi, è stata ripresa e leggermente rivitalizzata la modalità Ultimate Team, presente quest’anno direttamente all’interno del disco e galvanizzata dalla possibilità di ricevere gratuitamente un pacchetto Oro al mese per sei mesi, semplicemente prenotando il gioco (fino al 28 Settembre) in una delle grandi catene distributrici presenti in tutta Italia.
Le novità più interessanti, però, riguardano sicuramente la modalità Carriera, principale fautrice delle gioie e dei dolori di FIFA sin dagli albori della Next Gen. Il primo intervento -di cesello- è stato fatto sulle trattative di mercato, articolate in maniera ancor più dettagliata rispetto alla precedente incarnazione ed arricchite dalla possibilità di richiedere (o offrire) prestiti con riscatto. Riscritto completamente, invece, il comportamento della CPU sul mercato: invece che limitarsi ad offrirci le cifre richieste per i calciatori da noi messi in vendita ogni compagine tenterà di rinforzare i reparti deboli con uno o due colpi di mercato (abbiamo visto il Chelsea acquistare Pato e Kakà, ad esempio). Furbescamente, poi, tenterà la contrattazione proponendoci cifre leggermente inferiori a quelle di mercato, pienamente consapevole del nostro desiderio di sbarazzarcene. Comportamenti estremamente credibili ed un mercato molto più complesso e realistico che sfoceranno nell’ultima giornata: il Trade Deadline Day. Saremo introdotti da un mini-video ad una schermata completamente nuova, con gli ultimi acquisti da una parte, il solito menù dall’altra e, in alto, un countdown delle ultime dieci ore e la somma dei soldi spesi nella lega in quest’ultima giornata. Ogni ora si svolgerà come una normale giornata di calendario (il tempo, dunque, verrà “rallentato”) e ci ritroveremo a fare i conti con squadre molto più aggressive e prezzi che potranno anche schizzare alle stelle. Il pathos sarà palpabile e sembrerà di stare autenticamente al tavolo di negoziazione.
Qualche introduzione interessante la si apprezza anche nel rapporto tra giocatori ed allenatore: tramite parametri quali morale e contentezza i calciatori esprimeranno il loro stato d’animo in confronto alla stagione, lamentandosi se non impiegati come vorrebbero o qualora la squadra non stesse ottenendo i risultati auspicati; reclami che potrebbero anche sfociare in precise richieste di trasferimento. La comunicazione società-team è stata ampliata, in generale, in tutti i settori, rendendoci più consapevoli delle richieste della dirigenza, dei consigli dell’aiuto allenatore (legati allo stato di forma e agli infortuni) e della situazione contrattuale dei giocatori. Anche da questo punto di vista rimarremo stupiti nel venire contattati per aumenti contrattuali o avvisi di ritiro.
Fa il suo esordio, invece, la gestione della squadra Primavera, da costruire ingaggiando fino a tre osservatori (suddivisi per competenza e stipendio) ed inviandoli nei vari Continenti per tre, sei o nove mesi, indicando che tipologia di calciatore stiamo cercando. Ad ogni mensilità seguirà quindi un rapporto con i giovani consigliati: potremo decidere di offrire subito un contratto, mantenere sotto osservazione l’atleta (per aumentare la precisione nella valutazione dei parametri) o scartarlo. Rimanendo per troppo tempo con le mani in mano, tuttavia, rischieremo di farci soffiare i giovani più promettenti da altre squadre più risolute. Rimanendo nel discorso “settore giovanile” dobbiamo segnalare anche una crescita più oculata degli atleti, con i più giovani (magari in prestito) in maturazione decisamente più rapida rispetto ai professionisti consumati.
Tra le novità non possiamo non segnalare la possibilità, prima degli incontri più importanti in campionato o in coppa, di esibirci in virtuose dichiarazioni alla stampa. Saremo in grado di “prendere di mira” la squadra avversaria, la nostra, l’allenatore avversario o un qualsiasi calciatore di entrambe le compagini per elogiarlo o redarguirlo/innervosirlo; la rassegna (generata casualmente) troneggerà poi nella home page, poco prima del match. Gli effetti delle conferenze stampa saranno molteplici: dal galvanizzare la propria squadra al far innervosire gli avversari, che potrebbero giocare in maniera spregiudicata ed offrici più spazi... ma anche metterci sotto e fare la celebre “partita della vita”. Anche l’allenatore dovrebbe risentire di critiche o elogi, schierando -se tutto andrà secondo i piani- la formazione in maniera differente. Molte nuove variabili che sia aggiungono, tuttavia, ai canonici aspetti tanto criticati, come la mancanza di logica nelle sostituzioni effettuate dalla CPU (non sempre ma spesso), l’impossibilità di giocare le Coppe Internazionali al primo anno e di selezionare le condizioni meteo notturne in alcuni (oramai molto pochi) degli stadi presenti.
L’offerta ludica si chiude con l’oramai famosissimo Virtual Player, che consentirà di percorrere la carriera di un calciatore partendo dalle basi, e con un’offerta online che presenta le stesse caratteristiche strutturali degli episodi precedenti con qualche potenziamento qua e là (leggasi l’obbligo del Tactical Defence nelle classificate).
Questione di Ritmo
FIFA 12 - recensione - XBOX 360 Sicuramente le novità più importanti di FIFA 12 risiedono nel gameplay che, anziché subire l’evoluzione vista da FIFA 09 ad oggi, presenta una vera e propria rivoluzione, merito della tanto osannata e criticata “Trinità”. La prima e più importante delle feature è il Tactical Defending, un sistema che -in sostanza- elimina la facoltà di pressare in automatico il portatore di palla, vero e proprio cancro della serie. Il tasto prima adibito al pressing è stato quindi convertito ad una funzione di contenimento automatica, grazie alla quale l’atleta controllato si posizionerà ad una certa distanza dal portatore di palla, mantenendolo “agganciato” ed aspettando il momento giusto per intervenire. Qualora ci sentissimo già a nostro agio in fase di contenimento (già presente -per quanto poco utilizzata- nei precedenti FIFA), potremo sempre optare per il mantenimento di quella che in gergo cestistico si definisce “posizione granchio”, ovvero un movimento spalle alla porta ad accompagnare l’avanzata avversaria. Di pari passo anche il raddoppio è stato ridimensionato: premendo l’apposito tasto, infatti, osserveremo il compagno guidato dalla CPU più vicino alla palla entrare esso stesso in “contenimento”, e tentare di spingere il portatore verso il margine del campo o verso un compagno. Questo primo cambiamento ha un’impatto devastante soprattutto sul ritmo di gioco, drasticamente in calo proprio alla luce di una marcatura meno asfissiante ma più accurata da parte della CPU. Sin dalla prima discesa in campo ci renderemo conto di quanto sia importante giostrare la palla sino a trovare un varco e di quanto invece sia difficile proseguire nel solco tracciato da FIFA 11, fatto di uno-due e discese incontrollate sulla fascia. I puristi della “lentezza a tutti i costi” rimarranno tuttavia delusi nel sentire che la reattività dei calciatori, in ogni caso, non è cambiata. Gli atleti più agili non avranno difficoltà a girarsi velocemente nello stretto, quelli più “goffi” si faranno invece sentire più pesanti; in entrambi i casi, a dispetto di quanto mostrato in una demo chiaramente “commerciale”, appare tangibile il “mantenimento dell’inerzia”, con buona parte dei calciatori -ad esempio- incapace di riprendere la corsa come niente fosse subito dopo una frenata.
Alla luce di quanto detto difendere assume un connotato completamente differente rispetto al passato: la difesa diviene infatti un’arte da affinare, una fase da affrontare con la massima concentrazione, con l’occhio costantemente sveglio e proteso alla valutazione dell’animazione avversaria. Intervenire fuori tempo, infatti, significherà quasi matematicamente venire infilati. Tuttavia non è solo la difesa a doversi re-inventare. Anche l’attacco, alla luce di uno schieramento molto più basso ed accorto dei difensori, dovrà essere portato in maniera molto più ragionata rispetto al passato, appoggiandosi ancor di più sulle caratteristiche individuali dei grandi campioni. Proprio per questo EA Sports ha deciso di affinare le possibilità di dribbling, inserendo la seconda delle tre features: il Precision Dribbling. Senza ricorrere ai complessi giochi di prestigio (comunque presenti) appannaggio dei calciatori più funambolici avremo la possibilità, con semplici spostamenti direzionali, di evitare gli interventi avversari, e l’unica prerogativa sarà agire con tempismo. I più abili nel dribbling, sfruttando grilletto e dorsale sinistro, potranno poi ridurre drasticamente la velocità del portatore di palla, permettendogli micro-spostamenti del pallone che se padroneggiati consentiranno giocate nello stretto mai viste prima in un videogioco. Il tutto, naturalmente, sarà coerentemente subordinato alle caratteristiche dell’atleta in controllo. Anche in questo caso, però, si tratta di re-imparare completamente a giocare, di capire quando fermare la palla e quando allungarsela, di leggere in tempo il movimento della CPU e anticiparlo: pratiche non semplici che renderanno frustranti le prime partite per gli amanti della fruibilità immediata (magari abituati al controllo assistito)




Aiutati da una nuova telecamera in grado di rendere al meglio le proporzioni campo-giocatori impareremo pian piano a gestire tutte le nuove possibilità, accorgendoci che FIFA 12 si avvicina al calcio giocato come mai nessuno prima; non solo nel senso di riproduzione meccanica di situazioni reali ma soprattutto nel dare la possibilità ai videogiocatori di imbastire trame di gioco articolate, credibili e molto diverse tra loro. Ed anche la CPU, questa volta, è stata resa più varia. Grazie ai nuovi algoritmi Pro Player Intelligence ci accorgeremo di come, benché ancora non sia possibile notare differenze tali da caratterizzare un team nel vero senso della parola, le squadre guidate dall’intelligenza artificiale adottino una serie diversificata di strategie per opporsi all’umano; una varietà che -già di default- supera esponenzialmente quella vista in FIFA 11 e nei suoi predecessori. Scordiamoci pure i continui cross, l’assenza di retro-passaggi ed i tentennamenti davanti alla porta: giocare contro la CPU, ora, risulterà decisamente più divertente anche senza dover toccare le Tattiche Personalizzate che hanno tenuto banco nelle numerosissime community online. E scordiamoci anche i movimenti difensivi inesistenti, poiché in FIFA 12 diagonali e posizionamento difensivo sono stati resi molto più credibili ed efficaci. Nonostante questo e nonostante alcuni dei team più blasonati (soprattutto nella Premier League) mostrino una loro personalità unica, il processo di “umanizzazione” della CPU non sembra ancora del tutto completo. Come Santiago Jaramillo (gameplay designer) ha più volte detto, l’IA di FIFA è semplicemente programmata per giocare sfruttando un gamepad virtuale e sbagliando sempre meno con l’aumento del livello di difficoltà. Il problema di questo sistema (soprattutto per chi gioca in manuale - unico modo a nostro modo di vedere per godere del “vero” FIFA) è che, evidentemente, questo pad virtuale è un pad “assistito”, ed il margine d’errore risulta dunque sbilanciato. Si sente in particolare la mancanza (e parliamo da manual player, come sempre) di un livello intermedio tra Campione ed Esperto, con il primo leggermente troppo vicino a Leggenda ed il secondo a Dilettante. A modellare l’esperienza secondo le esigenze di ognuno intervengono dunque le slider, parametri collegati al gameplay completamente personalizzabili dall’utente ed in grado di rendere più abbordabile o più competitiva la CPU. Potremo ad esempio agire sulla precisione di tiri e passaggi e sulla velocità degli stessi; sull’accelerazione e sulla velocità massima dei giocatori; sull’efficenza dei portieri e molto altro ancora. La nostra prova, su una sessantina di partita, ha dimostrato chiaramente (vedi Box “Umanizzazione”) come con pochi passaggi si possa far avvicinare le percentuali ed il gioco della CPU a quello di un manual player umano, pur mantenendo una certa varietà conferita dalle doti tecniche dei singoli.
Il progetto “realismo calcistico” culmina infine, in questo FIFA 12, in una raffinata gestione dell’affaticamento, che si farà sentire a partire dal settantesimo minuto (circa), portando i calciatori che hanno speso di più ad incappare in errori molte volte anche banalissimi












fifa sreet 4

In effetti parliamo di un brand abbastanza noto, ma qualora foste nuovi all’esperienza Fifa Street cominciamo così; si possono dire tante cose su Fifa Street, ma non che sia un gioco di puro e semplice calcio.
Fifa Street in sostanza è la trasposizione del gioco del calcio in un contesto più “Street“, coinvolgendo dunque usanze e movenze tipiche della strada: grandi trick.. ma anche grandi falli, tutti facenti parte di una realtà ben distante dal fratellone Fifa.
I Trick insieme al controllo palla saranno la base per “umiliare” i vostri avversari, un po’ difficilini da combinare visto che sono coinvolti entrambi gli analogici più altri tasti, ma nulla che un po’ di sano nerdismo non possa rimediare.  Un parallelismo possibile è quello fra Tekken e Dragonball; entrambi sono giochi di lotta, ma noti un bel po’ di differenze, no?
Passando alla pratica, se scegliamo l’opzione  ”Scendi in strada” avremo a disposizione varie modalità:
  • 5 contro 5
  • Re del tunnel:
  • Calcio a 5
  • Ultimo rimasto
















Spiegandole una per una passiamo ai primi due casi, ovvero 5 contro 5 e Calcio a 5, e lo schema sarà più o meno questo; verranno applicate le regole di una partita di calcio a 5 solo che in una modalità ci sarà una piena aderenza al regolamento (Calcio a 5) mentre nell’altra modalità si opterà per una partita senza alcun tipo di fallo, rimessa laterale o punizione che sia (5 contro 5).
La modalità Re del tunnel invece implicherà solo 2 giocatori per squadra e lo scopo sarà quello di accumulare punti effettuando dei trick per poi metterli a punteggio attraverso un goal; notate bene che se una squadra effettua un goal, solo i punti trick di quella squadra vengono sommati al punteggio della partita.
L’ultima modalità rimasta, nemmeno a farlo di proposito, è l’ultimo rimasto: in questa modalità partite con 4 giocatori per squadra ed il vostro obiettivo è quello di fare 4 goal… Starete pensando “ma che c’è di innovativo?” e noi vi rispondiamo che la squadra che segna un goal manda fuori dal campo un proprio giocatore: in sostanza il goal della vittoria sarà fatto da un solo giocatore.
In tutto Fifa Street sentirete un particolarissimo e meraviglioso feeling con il giocatore che state utilizzando, portandovi ad immedesimarvi molto con l’azione e i giocatori; cosa che accade in modi completamente diversi per la controparte Fifa.. un esempio? Nella modalità “Ultimo Rimasto” quando siete con l’ultimo giocatore ed il vostro avversario ne ha ancora due; lì potrete sentire la fisicità insita nel gioco calcio, della serie “come uno stinco messo bene, può salvarti dal ricevere un goal.
















Spiegate per benino tutte le varianti di partita, che tra l’altro possono essere modificate attraverso “partita Personalizzata”, possiamo passare alla modalità Tour mondiale che rappresenta in soldoni la campagna per Fifa Street. Creato un giocatore, che potevate anche caricare dal recente fifa, potrete scegliere fra alcuni paesi nel mondo e, montandovi una squadretta come si deve, potrete cominciare a scalare la vetta passando di fase in fase: Regionale, Nazionale, Europea, Mondiale.. come si passa da una fase all’altra? Bisogna battere tutti i centri di quella zona, i quali vi proporranno una delle modalità di partita sopraelencate; ma non è tutto!
Fuori dalla campagna tutto sembra facile; Messi che si smarca tutto e tutti con i trick più belli del mondo e bla bla bla, ma nella modalità Tour mondiale partirete da un certo livello con alcune abilità per poi andare a progredire verso livelli più alti dove potrete acquistare abilità o migliorare le abilità di base del vostro personaggio e della vostra squadra.
L’elemento che stona in questo quadretto di deliziosa innovazione è purtroppo l’intelligenza artificiale all’interno della  vostra squadra; non capisco perché, ma sembra che gli sviluppatori abbiano attenzionato davvero poco il senso di azione comune, portandoci così a prediligere più spesso le azioni personali rispetto a quelle di squadra.. Davvero un peccato crearsi una bella azione e trovarsi con nessuno al centro! Diciamo che questo parametro può essere modificato dallo schema di attacco, ma provando tutte le tre varianti non avrete comunque nulla di eccezionale.
Se Giocare offline non farà altro che migliorare la vostra opinione riguardo Fifa Street, la componente multiplayer sarà abbastanza coinvolgente e poi si sa.. la classifica è sempre la classifica e di partita in partita risulterà difficile staccarsi dallo schermo; codice di rete robusto e abbastanza affidabile.. Probabilmente ci sono più affinità con Fifa 12 di quanto ci potremmo aspettare, è possibile che tutto quello che guadagniamo dall’esperienza online di Fifa Street sia dovuto ad un lavoro pregresso del fratellone Fifa.

assassin's creed revolution

Assassin’s Creed, nonostante quello che ne dicono i detrattori, ha a suo modo cambiato la maniera d’intendere l'action adventure nella corrente generazione, ravvivando il genere con una sferzata free roaming e sdoganando un sistema d’esplorazione verticale a cui molti si sono poi ispirati. Nel corso dei vari capitoli il team ha inoltre cercato di porre rimedio all’eccessiva ripetitività del primissimo episodio. Quest secondarie, mini-game e strumenti d’ogni genere si sono così aggiunti alla struttura di gioco, permettendo lunghe ore di sempre fresco divertimento ed approcci personalizzati alla gran parte degli incarichi primari. Ecco dunque che in Assassin’s Creed 2 abbiamo sperimentato la doppia lama, i primi enigmi del “Soggetto 16” e le comparsate di Desmond; e in Brotherhood -primo spin off dedicato ad Ezio- le meccaniche della nostra gilda di assassini, i restauri e le mai troppo elogiate "sezioni platform" nelle tombe di Romolo. Recuperando questa enorme eredità, Assassin’s Creed Revelations (secondo ed ultimo spin-off dedicato al più famoso degli Auditore) vuol essere la summa di un’esperienza quasi quinquennale, che chiude un ciclo e prepara il terreno per quella che -si spera- possa essere una nuova rivoluzione, con Assassin’s Creed 3.
Il titolo in analisi oggi è in arrivo il 15 Novembre su Xbox 360, Playstayion 3 e PC e chiuderà definitivamente la vicenda dell’assassino da Firenze, svelando moltissimi retroscena inaspettati.












Due assassini e mezzo
Revelations inizia esattamente dov’era terminato Brotherhood. Lucy è morta, assassinata da Desmond mentre il suo corpo e la sua mente venivano posseduti da Giunone. Lo shock ha fatto precipitare la mente del giovane in un limbo apparentemente senza ritorno, dove la sua oramai fragile psiche -ancora attaccata all’Animus- lotta tra l’esistenza ed il baratro. In questo mondo sospeso ritroveremo “Sedici”, che ci mostrerà un’angusta via di fuga, seguendo a ritroso prima i ricordi di Ezio, poi quelli di Altair. Ed è proprio la commistione dei due assassini a rendere estremamente intriganti le vicende di Revelations. Nei panni di un’Ezio oramai quarantenne ci recheremo a Costantinopoli, dove i Templari hanno trovato le tracce di antichissimi manufatti: cinque chiavi che conducono nientemeno che alla segreta biblioteca di Masyaf, dov’è custodito il sapere di Altair. Chiave dopo chiave il nostro eroe ripercorrerà i ricordi del suo primissimo antenato, rivelando finalmente ogni retroscena delle vicende legate alla Mela dell’Eden, alla gilda di Masyaf, alla Abstergo ed ai Templari.
Come suggerisce il titolo questo sarà davvero il capitolo delle “Rivelazioni”, sostenute -finalmente- da una regia e da una sceneggiatura di assoluto valore, che passano prima di tutto da un’evoluta caratterizzazione dei personaggi. Ezio e i suoi alleati (l’assassino Youssuf e la bella bibliotecaria Sofia su tutti) si mostrano capaci di una recitazione digitale davvero sopra le righe. Il netto miglioramento delle espressioni facciali, un più accurato ed espressivo doppiaggio ed il realistico e naturale gesticolare dei personaggi, riescono a dare finalmente una dimensione emotiva credibile alle vicende, in grado di coinvolgere il giocatore come non mai. Maturità e profondità sono i canoni più che mai seguiti e ricercati nella narrazione, che non lesina comunque qualche sferzata di comicità (dopotutto sempre di Ezio si sta parlando).
Davvero eccezionale il finale della trama, la conclusione in fondo di un doppio viaggio: quello di Ezio e quello di Altair. I due protagonisti, dialogando attraverso i secoli grazie al potere dei manufatti, discutono dei rimpianti di una vita, del significato di un credo che da troppi anni risuona come un mantra vuoto, della fatica di seguire un pecorso etico così definito. Alla risolutezza dell'assassino mediorientale, si oppone il dubbio esistenziale del nobile fiorentino, Assassino per necessità più che per scelta, e arrivato sulla soglia della vecchiaia con un fardello troppo pesante. Meglio allora abbandonarsi -prima che tutto sia finito- al riposo degli affetti, concludendo il proprio ruolo di "messaggero", e consegnando a Desmond il sapere della mela e dei "primi nati": un'anticipazione di quello che ci aspetta nel già confermato Assassin's Creed 3.
Se per regia e sceneggiatura questo Revelations risplende, eccolo invece fallire (almeno in parte) nella caratterizzazione dell’ambientazione, aspetto -sino ad oggi- mai messo in dubbio. Il riutilizzo di design, strutture e addirittura di motivetti (davvero inascoltabile quello “orientalizzato” della sincronizzazione nei Punti Panoramici) e texture, rende Costantinopoli assolutamente priva di personalità. A caratterizzarla ci saranno sì mercati ed artisti di strada (gli Athingani), costumi e fumo di narghilè a profusione, ma in una maniera piuttosto superficiale e mai veramente incisiva. Ad appesantire il colpo, un generale calo di dettaglio nell’ambiente stesso, costantemente ricoperto da una patina sabbiosa atta -probabilmente- ad attutire problemi tecnici quali tearing e pop up degli elementi, in esubero a causa dei limiti hardware di una generazione quasi agli sgoccioli.
Seppur non all’altezza delle magnifiche Firenze e Venezia e nemmeno della recente Roma (con la quale condivide la vastità), Costantinopoli si lascia comunque esplorare, integrandosi piuttosto bene nel gameplay anche senza donare al videoplayer quel senso d’immersione ed appartenenza che permeava le precedenti iterazioni.
Troppa carne al fuoco
Assassin's Creed: Revelations - recensione - XBOX 360 Per quanto riguarda il gameplay, come abbiamo detto, Revelations recupera tutto quello che è stato fatto sinora e lo rimette in ballo, reinventandone alcune minuzie ed aggiungendovi altro materiale a supporto. Partendo dalle novità assolute troviamo le nuove espansioni per la dotazione di Ezio: in primis la lama ad uncino; in secondo luogo le bombe, bistrattate e criticate ma -lo ammettiamo- ben integrate nell’economia delle missioni. Il "gancio" permetterà al nostro beniamino di arrampicarsi in maggior scioltezza. Agganciandosi a qualunque struttura questo permetterà nuovi spunti persino nel movimento acrobatico, consentendo di scivolare su funi appositamente predisposte e di prodursi in lunghi balzi sfruttando le lanterne che fino ad ora ci avevano semplicemente concesso svolte aeree. Nuove possibilità, seppur piuttosto marginali, sono legate anche al combattimento, dove ci verrà data possibilità di agganciare i nemici e superarli, scaraventarli a terra o addirittura effettuare un rapido furto in alternativa al contrattacco. Dobbiamo sottolineare tuttavia che, nonostante tutto, il combat sistem non si scosta più di tanto dalle precedenti incarnazioni del brand: ancora una volta ci troveremo di fronte ad una buona quantità e varietà di nemici, mossi però dalla solita imbarazzante intelligenza artificiale che, a meno di non fare noi il primo passo, quasi non muoverà un dito. Ancor più frustrante risulta la reazione dei soldati avversari alle nostre concatenazioni d’uccisioni, fluidissime in Brotherhood e parzialmente danneggiate qui da una non perfetta ottimizzazione tecnica, e dal comportamento di alcune guardie, che ci attaccheranno solo e soltanto per spezzare il “flow”, instillando una certa frustrazione. Nuove animazioni ed un sapiente utilizzo delle tecniche di slow-motion, in ogni caso, bilanciano le sorti dei combattimenti.
Alla dotazione bellica si aggiungono, dicevamo, le bombe, legate anche ad una serie di obiettivi di gilda ed al mercante di polveri da sparo più famoso in città, ma soprattutto valorizzate da missioni che consiglieranno caldamente il loro utilizzo. Gli ordigni si divideranno in tre tipologie: letali, tattici e diversivi, contenuti in altrettante borse. Le combinazioni, grazie alla mole d’ingredienti disponibile, saranno davvero vaste: si inizia dagli involucri (per uno scoppio immediato o ritardato), si prosegue con le polveri da sparo, che modificheranno l’area di impatto dell’effetto, e si chiude con l’ingrediente clou, dalle schegge di metallo (capaci di smembrare i bersagli) allo zolfo, in grado di disorientare le guardie. Al solito vi sarà anche qualche esagerazione, come le bombe al sangue d’agnello, che schizzato sui soldati farà temer loro per una grave ferita, o le Bombe Spinate, che spargeranno al suolo aghi a tre punte degni di un moderno ninja, per rallentare la corsa degli avversari. Aldilà di questo possiamo tranquillamente dire che l’aggiunta si rivela sin dal principio utile (per non dire indispensabile, in alcuni casi) ed assolutamente funzionale; peccato soltanto non sia data possibilità di creare più d’una variante alla volta per ciascuna borsa e che, esauriti i tre ordigni a disposizione, saremo costretti a recarci presso uno dei tanti banchi di lavoro.
A chiudere il quadro delle novità ci pensano le meccaniche di formazione e gestione della gilda e dei suoi membri, invariate nelle fondamenta ma modificate in alcuni particolari. Anzitutto le torri dei Borgia sono state sostituite dalle Roccaforti Templari che, oltre al capitano da scovare ed eliminare, presenteranno nuove strutture difensive, le torri di vedetta. All’interno di questi terrazzamenti opportunamente barricati, due soldati muniti d’archibugio fungeranno da tiratori scelti, eliminabili soltanto centrando il loro nascondiglio con una bomba letale. La loro introduzione complica parecchio le cose, mettendo più pepe in tali sessioni e costringendo il giocatore a scervellarsi per un approccio stealth. Conquistato l’avamposto lo tramuteremo in una sede della gilda, grazie alla quale reclutare assassini (salvandoli dalle guardie o, in un paio di casi, aiutandoli in incarichi completamente nuovi) ed assistere alla loro evoluzione inviandoli nelle città del Mediterraneo. A questo punto, però, in Revelations si aggiungono due nuove meccaniche. Ogni città mostrerà una percentuale di controllo templare, in rapida discesa al completamento dei vari compiti; indebolita la dominazione, potremo mandare i nostri assassini migliori a reclamare la città, conquistandone le redini ed aprendo una nuova serie di missioni di “mantenimento”. Sotto il nostro controllo la città necessiterà anche di investimenti economici ma, in cambio, aumenterà la nostra rendita complessiva. Ma le novità legate ai covi non finiscono qui: ogni affiliato, portato a livello dieci attiverà una mini-quest in cui dovremo addestrarlo (una missione secondaria come tante) per diventare Maestro e dirigere le attività del covo al quale decideremo d’assegnarlo. Questa figura, in realtà, non ci priverà di alcuna delle possibilità gestionali dei membri ma si limiterà ad impedire l’assalto templare, che potrebbe verificarsi quando il livello d’allerta nei confronti di Ezio sarà massimo.
Nel caso in cui una delle basi fosse sotto assalto, saremo chiamati ad esibirci in un mini-game in stile tower defence, durante il quale, appostati su un tetto, potremo gestire le nostre truppe (arcieri, archibugieri, normali assassini), costruendo persino delle barricate nel vicolo sottostante (la via per la sede di gilda). I nemici giungeranno ad ondate e noi saremo chiamati, spendendo i Punti Morale , ad arroccare sui tetti circostanti sempre più alleati, per frenare prima i normali templari e poi le loro macchine da guerra. Alle meccaniche strategiche, per non stravolgere completamente il gameplay, s’unisce anche l’azione in prima persona, con il nostro eroe chiamato ad eliminare tramite pistola quanti più avversari possibili.
Sebbene, avendo l’accortezza di corrompere ogni banditore ed eliminare ogni testimone oculare, tali sessioni si riescano ad evitare quasi totalmente, la loro integrazione nel gioco ci è sembrata oltremodo superflua. Le meccaniche risultano chiaramente arrabattate per offrire una pletora esagerata di contenuti, e la loro ripetitività non giova certo alla freschezza delle produzione.
La sistematica ricerca dell’aggiunta contenutistica, anche a sprezzo della qualità produttiva globale, si fa largo anche nel ritorno dei restauri. Se con Roma (e prima con Monteriggioni) eravamo consapevoli di star costruendo un “impero”, qui arriviamo in una città che ha già le sue “fondamenta assassine” e dove tutto questo restaurar botteghe e strutture architettoniche non appare radicalmente contestualizzato. Per quanto dunque -lo ripetiamo- nulla sia spiacevole nel computo della progressione, quest’esagerato getto di contenuti sembra, di tanto in tanto, messo a far numero, senza pensare ad un’oculata collocazione.
Il cuore dell’avventura, in ogni caso, è rappresentato dalla miriade di quest in cui Ezio si troverà coinvolto: grazie alla strumentazione ed alle novità di cui si è già discusso, l’apparato presenta una varietà davvero poderosa, che vede il nostro beniamino intento in borseggi, interrogatori, assassinii, (noiosissimi) pedinamenti e chi più ne ha più ne metta, in una varietà d’approcci che forse solo la saga di Assassin’s Creed può oggi vantare. Peccato solo che arrivati alla terza iterazione della formula, la struttura di molte quest risulti un po' canonica, amplificando il senso di deja-vu che anche i fan più sfegatati cominceranno a sentire.
Il vero tocco di classe è tuttavia costituito dalle missioni nel sottosuolo per il recupero delle cinque chiavi di Masyaf. Si riprende, in questi casi, l’ottimo level design delle Tombe di Romolo, massimizzandone dinamicità e spettacolarità tramite script che ricordano le scelte registiche di Uncharted. Tra strutture pericolanti e balzi nel vuoto saremo chiamati ad arrampicarci e saltellare trafelati da una trave all’altra, in un crescendo assolutamente estasiante.
Ma tali sessioni funzionano soprattutto in quanto perfettamente integrate nella trama, legate poi alle nuovissime sequenze tratte dai ricordi di Altair. Ci imbatteremo in questo caso in porzioni di gioco (chiaramente autocelebrative) durante le quali controllare il buon vecchio Altair, per scoprire in prima persona il suo fato dopo gli eventi del primo capitolo e carpire i segreti della famosa “saggezza” che, da Assassin’s Creed 2 in poi, tutti gli attribuiscono. Il carisma del personaggio fa la parte del leone e gli schemi, anche senza le peripezie acrobatiche “alla Ezio”, si lasciano giocare piacevolmente.
Non si può purtroppo dire lo stesso per quel che concerne il “giocato” di Desmond, che impersoneremo in un viaggio a tappe all’interno dell’Animus (quindi dei suoi più sopiti ricordi), sbloccabili ritrovandone i frammenti a Costantinopoli. Verremo in questo caso a contatto con fasi in prima persona molto particolari, non troppo interattive o stimolanti dal punto di vista del gameplay. Tuttavia avremo modo di conoscere i pensieri ed i ricordi del protagonista, che racconterà la sua infanzia e gioventù, braccato dai Templari.
Nonostante l'apparente disorganicità, globalmente il titolo funziona assai bene ed stato in grado di mantenerci incollati allo schermo per diverse ore di intenso divertimento (la trama principale ne dura circa una decina). La ricchezza di contenuti, per quanto foriera di un certo appiattimento della qualità globale, riesce a mantenere assuefacente una struttura che si trascina claudicante nella gloria di un brand che, senza radicali cambiamenti, alla prossima iterazione potrebbe non sostenere più il peso delle aspettative.

lunedì 7 maggio 2012

uncharted 3


Fantasmi del Passato
Uncharted 3 - recensione - PS3 Drake è di nuovo in pista. E stavolta c'è in ballo qualcosa di grosso. Ancora una volta i miraggi archeologici che Nathan insegue con risoluta convinzione sono gli stessi avvistati dal suo antenato, quel Sir Francis Drake che l'aveva già condotto ad El Dorado nel primo capitolo. Ma ne “L'Inganno di Drake” la posta sembra essere più alta: si parla della città di Ubar, inghiottita dalla sabbia, sepolta nel deserto per volontà divina. Cresciuta in ricchezze e in corruzione, e cancellata dalla faccia della terra da una tempesta ancestrale, questa “Atlantide delle Sabbie” è una vera e propria chimera dell'archeologia moderna, un abbaglio seducente per il quale molti hanno perso la vita. Eppure la traccia di Drake sembra essere solida, nitida, ben definita. Ma c'è qualcuno che è pronto a mettersi fra Nathan e la gloria: si tratta, stavolta, di un'insidia più subdola che in precedenza, una mano strisciante ed invisibile la cui ombra emerge dal passato. In Uncharted 3 il team riesce finalmente ad opporre al giocatore un nemico iconico e -a suo modo- terribile. Dopo i traviati archeologi desiderosi di potere e i mercenari senza scrupoli, arriva d'un tratto una donna risoluta, spietata, a capo di una società segreta che opera nell'oscurità da oltre quattro secoli, tirando i fili di una lunga cospirazione globale. Katherine Marlowe, lo scoprirà il giocatore già nelle prime fasi dell'avventura, è un avversario spietato e cinico. Manipolatrice di mestiere, sa leggere le persone, per sfruttare i loro desideri e le loro paure. Non mancano ovviamente uomini d'azione più adatti a contenere l'irruenza di Drake, mostrando una cieca dedizione alla causa ed una snervante compostezza, ma la “minaccia” di quest'avventura mostrerà più generalmente uno stampo del tutto particolare. E particolarissimo è anche lo svolgersi della trama, che segue in fondo un canovaccio ben definito, ma riesce a risultare vivacissima, corale, colma di colpi di scena e momenti sinceramente memorabili.
Sulle prime sembra di partecipare ad un lungo e movimentato viaggio, che di tappa in tappa ci conduce per il mondo ad inseguire indizi ed intuizioni. Ma poco a poco si capisce che nell'ostinazione di Drake c'è qualcosa in più: c'è sempre stato, forse, nella sua risolutezza, in quell'ansia per l'avventura e la scoperta, come il bisogno di riappropriasi del suo passato, inseguendo i sogni di un antenato che sente irrimediabilmente vicino. Come Indiana Jones ne “L'Ultima Crociata” (un film a cui Uncharted 3 deve moltissimo), è un piccolo libretto in cui Nathan raccoglie le annotazioni e gli indizi dell'esploratore che ci guida per l'Europa, a Londra e nelle Francia del sud, e poi in medio oriente, fra gli altipiani della Siria e dello Yemen.

Nelle Cut-Scene che intervallano la progressione, sempre ritmata e ben diretta, si riscopre -grazie all'eccellenza della recitazione digitale- una inaspettata profondità psicologica dei personaggi, caratterizzati in maniera semplicemente impeccabile. Sono i gesti, i giochi di sguardi, e l'eccellenza doppiaggio italiano (ancora inferiore, per qualità recitativa, a quello originale, ma sempre espressivo e con voci non troppo stereotipate), che veicolano una estesa gamma di emozioni, delineando meglio che in passato l'intreccio di rapporti ed il trasporto dei protagonisti. L'entusiasmo di Nathan è smorzato stavolta da un rapporto affettivo tutto particolare, consumato e logoro, ma sempre pronto a riscoprirsi, con una donna che è sempre più stanca delle rinunce e delle incertezze di una vita al limite. Dall'altra parte c'è Sullivan, che ancora riesce a farsi trascinare da Drake nelle imprese più assurde, mentre dietro alla sua figura in qualche modo paterna si nasconde l'interesse disincantato per il proprio tornaconto. Uno dei sicuri meriti di Uncharted 3, dunque, è quello di saper approfondire e far evolvere la caratterizzazione dei propri personaggi. Appena abbozzato nel primo episodio, molto più evidente in “Among Thieves”, il “peso caratteriale” di eroi che abbiamo imparato a conoscere diventa qui una parte fondamentale dell'economia narrativa, celebrata da una sceneggiatura praticamente perfetta. Naughty Dog, consapevole di avere per le mani interpreti oramai ben conosciuti dal pubblico dei fan, gioca anche con l'orizzonte delle aspettative, regalando qualche sequenza davvero inaspettata, come un lungo flashback che ci mette nei panni di un Nathan molto più giovane, al suo primo incontro con Victor Sully, o come i momenti che svelano le correlazioni fra Marlowe e l'eredità di Drake. Così come fu per la frusta di Indiana Jones, o per lo zaino di Lara Croft, insomma, certe scene restano scolpite nella memoria dell'utente: segno che il team di sviluppo ha saputo davvero reinterpretare l'immaginario dell'archeologo avventuroso, collegandosi con le grandi produzioni cinematografiche degli anni ottanta, e superando i risultati dell'avventuriera Eidos, per consegnare a questa generazione il suo nuovo “eroe buono”.
Ma al di là di questo, la capacità più esemplare della trama è quella di tenere sempre il giocatore con il fiato sospeso, ad aspettare il disvelamento dell'Inganno accennato nel sottotitolo. In Uncharted 3 non tutto è quel che sembra, e fino al culmine dell'intenso finale il plot fa scattare le sue trappole, per lasciare sinceramente stupito il giocatore.

MORTAL KOMBAT

  ultimate mortal kombat 3

 giunge su Apple Store nella sua forma più anonima. Pregio principale del titolo del '95, era il presentare un cast completo delle star del brand, tutte ritrovatesi per combattere nelle arene più celebri della saga sino a giungere alla sfida finale con il colossale Shao Kahn. La versione proposta agli utenti Apple manca totalmente della completezza che rese UMK3 una pietra miliare del mondo videoludico. Solo nove sono gli eletti selezionabili, meno della metà del titolo originale: un numero imbarazzante considerando il fatto che, com'è noto, il moveset dei personaggi di Mortal Kombat è storicamente identico per tutti gli sfidanti, fatto salvo per le mosse speciali, il che avrebbe reso semplice l'introduzione di un numero molto superiore di fighter con il minimo sforzo, a maggior ragione se pensiamo che l'introduzione dei modelli poligonali dei character vada ad eliminare del tutto la necessità di rifare la mole di lavoro “fotografico” fatta nel '90.
Tutte le novità introdotte nella versione DS, come il Puzzle Kombat sono state dimenticate, tanto da lasciare nelle mani del giocatore un titolo assolutamente più scarno delle versioni per portatili concorrenti, e persino meno interessante del titolo originale. A disposizione, infatti, troviamo solamente la modalità Arcade cosi com'era quindici anni fa, un multiplayer accessorio, una modalità sopravvivenza scontata e un'unica interessante variante al tema, chiamata Shao Karnage, che mette un invulnerabile giocatore contro un altrettanto immortale Shao Kahn, con l'unico scopo di colpire il muscoloso boss accumulando più punti possibili nei 99 secondi a disposizione.






Mortal Kontrols
L'esordio su una periferica touch avrebbe potuto dare vita a meccaniche innovative e divertenti, per nulla considerate invece dagli sviluppatori. Se pensavate di poter realizzare una Fatality infierendo con le dita sul corpo del vostro avversario, resterete sicuramente delusi: non solo non v'è alcuna novità in tal senso, ma neppure i controlli base sono implementati con sufficiente cura. Entrambe le soluzioni proposte, a 6 tasti originali o a 5, semplificati, si contraddistinguono per scarsa sensibilità sia del joystick virtuale che dei pulsanti azione. Vi troverete spesso a premere più volte lo stesso tasto per realizzare mosse basilari, probabilmente accumulando abbastanza frustrazione da decidere di passare al controllo semplificato, il cui pregio è solamente quello di proporre un tasto unico per la realizzazione di special e fatality, altrimenti impossibili con il joypad. In entrambi i casi, comunque, non viene limitata nè la scarsa sensibilità, nè il rischio di premere l'icona sbagliata, spauracchio presente a causa della dimensione limitata dei tasti e dalla loro disposizione ravvicinata, per fortuna quantomeno modificabile a piacimento. Totalmente assente un supporto valido per l'accelerometro, il giroscopio o lo stesso touch screen, quindi: tutte possibilità di introdurre qualcosa di interessante, completamente scartate senza alcun tentativo di sorta.




Tekken 6

roster e campaga
Tekken 6 - recensione - PS3 Contrariamente a quanto accaduto con Street Fighter 4, che ha visto il proprio roster aumentare considerevolmente nel passaggio arcade>console, tekken 6 non presenta alcun nuovo personaggio rispetto a Bloodline Rebellion. Non c’è di che preoccuparsi, però, perché basta dare un’occhiata allo schermo di selezione per rendersi conto che questo Tekken è non solo il più corposo della serie, forte dei suoi 40 personaggi giocabili, ma anche uno dei picchiaduro più affollati di tutti i tempi. Un aspetto molto positivo è che nonostante il numero dei personaggi la presenza di cloni è quasi nulla: ognuno ha un suo set di mosse personale, e tutto il gioco ci è parso molto ben bilanciato, senza personaggi inutili o eccessivamente potenti.
La più grossa aggiunta rispetto alle versioni arcade è senza dubbio la modalità Campagna, cioè uno story mode piuttosto lungo e articolato che qui si eleva a modalità single-player principale del gioco. Nonostante gli evidenti sforzi profusi nella sua realizzazione, però, si tratta purtroppo anche della parte più debole dell’intero pacchetto offerto da tekken 6. Il suo gameplay, infatti, riprende lo stile da picchiaduro a scorrimento introdotto nella serie con il Tekken Force Mode del terzo episodio ed espanso nella modalità Devil Within del quinto, senza però introdurre alcuna novità significativa e anzi portandosi dietro tutti i difetti delle precedenti versioni.
Questa modalità è infatti ricca di problemi, e giocarla dona ben poche emozioni, tutte in ogni caso molto lontane dalla sfera del divertimento. I comandi, ad esempio, sono impacciati e legnosi, e nonostante la presenza di un tasto per agganciare i nemici difficilmente riuscirete a giocare senza incorrere in fastidiosi difetti di collisione. Gli scenari sono tutti scialbi e poco ispirati, così come la trama, priva di un senso logico e incapace di suscitare il benché minimo interesse nel giocatore. Anche per quanto riguarda l’aspetto tecnico, sia gli scenari che i modelli dei personaggi secondari sono realizzati con una cura per il dettaglio enormemente inferiore rispetto a quanto è possibile riscontrare nel resto della produzione. Lo spazio che Namco ha deciso di dare a questa modalità lascia sinceramente perplessi, e si spera che questo di tekken 6 rimanga solo un esperimento isolato. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
altre modalità
Per quanto riguarda il resto del gioco, invece, potete tranquillizzarvi: il gameplay di base è rimasto sostanzialmente immutato rispetto al passato. Troveremo quindi nuovamente un picchiaduro tanto accessibile quanto profondo, capace di gratificare sia il button-mashing dei novellini che le tattiche avanzate dei più esperti. Certo, delle aggiunte più sostanziose sarebbero state gradite. Le nuove meccaniche di Tekken 6, infatti, sono particolarmente striminzite: l’unica novità di rilievo è il cosiddetto Rage Mode, che viene attivato quando l’energia di un giocatore è agli sgoccioli, aumentando l’efficacia dei suoi colpi. Senza dubbio una meccanica volta a dare una possibilità in più ai giocatori alle prime armi, ma che potrebbe indispettire i veterani. In generale comunque il gioco ci è sembrato leggermente più lento rispetto al quinto episodio, forse per compensare il potenziale lag delle partite online.
Le novità più gradite coinvolgono gli aspetti relativi alla personalizzazione. Tekken 6 è infatti dotato di un potente editor di costumi, che sebbene non permetta di creare personaggi da zero, dà la possibilità di abbigliare ciascuno dei personaggi nel modo che più vi aggrada. Si tratta indubbiamente di un’evoluzione dell’editor di Soul Calibur 4, ma se possibile è ancora più profondo e dettagliato di quello della precedente fatica Namco. Personalizzare i vostri personaggi vi costerà oro, guadagnabile giocando in tutte le altre modalità single-player del gioco; ironicamente la modalità in cui è più facile accumulare soldi è proprio la scialba Campagna, quindi, se vorrete sbloccare tutto, preparatevi a rigiocare ogni stage più e più volte.
Una nuova modalità molto interessante è senza dubbio la Battaglia Fantasma. In essa affronteremo un’infinità di avversari, uno dopo l’altro, ciascuno dotato di un diverso livello di abilità. Battendoli, noi stessi potremo migliorare e avanzare di livello in un sistema di ranking basato su Kyu e Dan, identico a quello introdotto in Virtua Fighter IV di Sega.
Le altre modalità di gioco sono tutte molto convenzionali: Arcade, Survival, Time attack e così via. Il servizio online, che aggiunge l'esperienza delle "team battle" alla classica sfida "uno contro uno", appare stabile e permette sia un approccio disimpegnato che uno più "agonistico", grazie alla presenza di scontri classificati e non. Insomma, l’esperienza accumulata da Namco con Soul Calibur IV (già di suo dotato di una parte online molto buona) ha portato a dei buoni risultati.
A new challenge